Uragani e Farfalle

Storie brevi e fotografie


La pioggia si fermerà per noi

Il ragazzo che veniva dalle stelle 

“Svegliarsi qui, così, confusi, è davvero strano.
Ed essere presi, senza una ragione ben precisa, lo è ancora di più.
La follia.
Sono in un labirinto.
Non so chi sono.
Perché sono qui.
Non so come poter raccontare la mia storia.
Non so da dove iniziare.
Non ricordo.
So solo che mi manca.
Tremendamente.
Ed è lontana…
… la mia terra.
Infinite vie si disperdono tra i rami
Petali di ghiaccio si sciolgono sotto il calore.
Il volo.
Il calore di immensa poesia,
indefinita bellezza.
Il traffico dei sogni mi circonda,
nella mente,
offuscata dai ricordi,
cenere di un altro tempo.
Le mani si accarezzano,
in un tunnel di timori, senza fine.
Il volo
La meta è lontana,
nel vortice della follia.
Perdersi in un attimo,
lasciarsi andare.
Per poi tornare in alto
Ed aprire nuovamente le ali.
Il volo.
Il mio.
Ora devo aspettare qui.
Forse devo aspettare qualcuno.
Ci sarà qualcuno che mi spiegherà qualcosa, no?
E se non venisse nessuno?
Chi mi ha abbandonato?
E perché?
Prima o poi…”

She burns like the sun

Josh, Karen e Terry si conoscevano da sempre. Erano cresciuti insieme, condividendo giochi d’infanzia, avventure scolastiche e sogni giovanili. Sin dai primi passi avevano percorso le strade polverose di Sunburn, la loro piccola cittadina incastonata tra le montagne, un luogo che sembrava sospeso nel tempo.

Sunburn contava poche centinaia di abitanti, e chiunque ci vivesse conosceva ogni volto, ogni nome, ogni segreto. Il paese era attraversato da un fiume dalle acque cristalline, che secondo le antiche leggende possedevano poteri magici. Nessuno aveva mai assistito a veri miracoli, ma c’era chi continuava a crederci con ostinazione. Ogni giorno, alcune persone si recavano lungo le sponde per riempire brocche e bottiglie, sperando che quell’acqua limpida potesse esaudire desideri nascosti o curare malanni inspiegabili. Altri, invece, ridevano di queste superstizioni, scrollando le spalle con scetticismo. Ma si sa, in ogni comunità esistono i credenti e gli increduli.

Vivere a Sunburn non era semplice. Le sue dimensioni ridotte la rendevano un luogo in cui l’intimità e la riservatezza erano lussi inaccessibili. Nessuna storia rimaneva segreta a lungo, nessun pettegolezzo sfuggiva alle orecchie attente degli abitanti. Da fuori, tutto ciò poteva sembrare soffocante, persino inquietante, ma chi vi era nato non avrebbe potuto immaginare un’esistenza diversa.

Non mancava nulla di essenziale. Ogni giorno il sole inondava le strade di luce dorata, facendo brillare le case di pietra e legno. I bambini correvano ridendo all’uscita della scuola, gettandosi tra le braccia delle madri che li aspettavano con sorrisi calorosi. I cani trotterellavano felici accanto ai loro padroni, scodinzolando con entusiasmo. Nell’aria si mescolavano i profumi del pane appena sfornato, del legno bruciato nei camini e dei fiori selvatici che crescevano ai margini del paese. Il cielo, sempre limpido e di un azzurro accecante, sembrava dipinto.

C’era solo un’ombra su quell’armonia: la pioggia era un ricordo lontano. Da anni non cadeva una sola goccia su Sunburn. All’inizio la gente si era preoccupata, aveva discusso, si era interrogata su quel fenomeno inspiegabile. Poi, con il tempo, avevano smesso di pensarci. Il fiume continuava a scorrere, offrendo la sua riserva d’acqua inesauribile, e tanto bastava a placare ogni timore. Alcuni si affidavano con cieca fiducia alla leggenda delle sue acque magiche, altri si lasciavano trasportare dall’abitudine, accettando il fatto che la vita a Sunburn era sempre stata così. E così, anche la paura dell’assenza di pioggia si era dissolta, come una nuvola spazzata via dal vento caldo di montagna.

Sunburn era una piccola cittadina, e il suo destino sembrava immutabile.

Killing me softly

Josh e Karen erano fratello e sorella. La loro vita non era stata semplice. Quando erano ancora bambini, avevano perso il padre in un tragico incidente. Josh aveva sette anni e Karen solo quattro.

Era una fredda sera d’inverno quando tutto cambiò per sempre. Il loro padre, Michael, stava tornando a casa dal lavoro. Era stanco. Stanco di un impiego che lo opprimeva, di essere trattato come l’ultimo arrivato, di non potersi permettere il lusso di distrarsi neanche per un istante. Ogni giorno si sentiva sull’orlo del baratro, con il rischio costante che un solo errore potesse costargli caro.

Fuori era buio, e solo la luna illuminava la strada infinita davanti a lui, tingendo l’asfalto di un bianco spettrale. Alla radio passava “Killing Me Softly”. Michael sorrise amaramente, ripensando a quanto fosse ironico quel titolo. Forse rideva per non piangere. Più volte aveva pensato di mollare tutto, di sparire nel nulla, ma sapeva di avere una famiglia che lo amava. “Sono solo periodi difficili” si diceva, cercando di scacciare i pensieri negativi.

Il suo sguardo si perdeva nel vuoto mentre l’auto continuava a sfrecciare tra le illusioni e le paranoie. Ogni tanto incrociava altri fari nella corsia opposta e si chiedeva quale vita conducessero quegli sconosciuti. “Anche loro avranno problemi?” si domandava, ma subito si rispondeva: “Di sicuro, chi non ne ha?”

I ricordi si susseguivano nella sua mente. Rivide il primo incontro con Lisa, sua moglie, a una cena tra amici. Fu amore a prima vista. Rivisse la nascita di Josh e Karen, la gioia immensa di stringerli per la prima volta tra le braccia. Pensò anche alle liti con Lisa, alle notti passate a riconciliarsi nell’intimità.

Si dice che, quando si è vicini alla morte, tutta la propria vita scorra davanti agli occhi in pochi istanti. E così accadde.

Dall’altra corsia, un’auto sopraggiungeva a velocità folle. Forse il conducente era ubriaco, forse no. Michael tentò di evitarlo, ma perse il controllo e si schiantò violentemente contro il muro di protezione. Un dolore lancinante gli trafisse lo stomaco, come lame che gli laceravano le viscere. “Strumming my pain with his fingers… Killing me softly…” sussurrava la radio mentre lui chiudeva gli occhi. L’ultima immagine nella sua mente fu quella dei suoi bambini. Una lacrima gli scivolò lungo la guancia.

I primi tempi dopo la tragedia furono durissimi. Accettare la realtà fu la sfida più grande. Ma Josh e Karen erano piccoli e forse, almeno all’inizio, non compresero appieno cosa fosse accaduto.

Anni dopo, in una notte come tante, cominciarono a sentirsi strani rumori. Inizialmente provenivano dal bosco, poi sembravano avvicinarsi sempre di più. Passi. Passi che avanzavano nel silenzio della notte.

Il centro di Sunburn era deserto. Tutti erano rientrati nelle loro case: chi reduce da una partita a carte con gli amici, chi dopo una notte di passione con una sconosciuta destinata a restare tale, chi, invece, si rifugiava tra le pagine di un libro, incapace però di concentrarsi.

Terry, distesa nel suo letto, teneva “Il vagabondo delle stelle” di Jack London tra le mani. La storia di un uomo imprigionato che riusciva comunque a viaggiare oltre il tempo l’aveva sempre affascinata, ma quella sera qualcosa la turbava. Si sforzava di leggere, ma le parole sfuggivano alla sua attenzione, i pensieri la distraevano. Alla fine, sconsolata, chiuse il libro e spense la luce.

Dalla finestra, osservava la luna splendere intensa sopra il suo mondo. Qualche nuvola si stava avvicinando all’orizzonte. I rumori erano cessati.

Che strano…

Ma chi le ha chiamate le farfalle? 

Stanotte ti ho sognata..

ho sognato il nostro primo incontro…

L’attesa angosciante e le cosiddette “farfalle nello stomaco” durante il viaggio…

è stata una cosa strana ed improvvisa, ma a volte le cose belle sono proprio

queste…

Gli sguardi che si cercano e si rincorrono…

I sorrisi che si scambiano e cambiano per essersi finalmente trovati.

Le parole leggermente imbarazzate,

e le risate che sistemano tutto.

Le lunghe passeggiate…

e i saluti disperati,

per una giornata passata troppo in fretta…

…il lungo viaggio di ritorno,

in cui le farfalle volano via…

.. i ricordi.

La storia di Tim e Terry era particolare, quasi surreale.

Sì, Tim e Terry stavano insieme. Si erano conosciuti per caso, un giorno, su internet. Tim era solito trascorrere parte del suo tempo libero esplorando quel mondo virtuale, scoprendo nuovi lidi, nuove persone, nuove emozioni. Aveva incontrato tanti amici, anche se solo attraverso uno schermo. Erano legami diversi da quelli della vita reale, ma in qualche modo autentici. Non aveva mai dubitato della loro sincerità, sentiva che, nonostante la distanza, c’era qualcosa di vero in quelle connessioni.

E così, navigando senza meta, si imbatté in Terry. Rimase subito colpito dal suo sguardo: due occhi verdi che brillavano incessantemente, come illuminati da un riflesso costante di allegria. Il loro incontro era stato casuale, ma col tempo i loro percorsi iniziarono a scorrere paralleli, avvicinandosi sempre di più.

Parlavano di tutto, ridevano, si capivano senza bisogno di troppe parole. Era come se si conoscessero da sempre. Con il passare dei giorni, qualcosa dentro di loro cominciò a smuoversi: emozioni nuove, sconosciute, ma incredibilmente forti. Senza rendersene conto, stavano costruendo un universo tutto loro, fatto di sogni, progetti, speranze.

Tim capì che non poteva più restare lontano da Terry. Decise di trasferirsi a Sunburn. Sapeva che quella città aveva un alone di mistero, che in fondo la sua vita sarebbe cambiata per sempre, ma il cuore gli diceva che non poteva lasciarla andare. Terry era la sua certezza, e lui non aveva intenzione di perderla.

Stavano bene insieme. Avevano persino scoperto un libro che, in qualche modo, sembrava raccontare la loro storia. Non in tutto e per tutto, ma c’era un sottile gioco delle parti che li rappresentava. Il sottotitolo del libro era “Farfalle”. Raccontava la vicenda di due giovani innamorati che, per amore, sfidavano il mondo, lottavano per la libertà, si trasformavano. Era un’idea che li affascinava. Si sentivano anche loro come due farfalle, sospinte da un vento sempre avverso, in lotta contro le reti della società e le sue trappole.

Stanotte ti ho sognata..

ho sognato il nostro ultimo incontro…

L’attesa angosciante e le cosiddette “farfalle nello stomaco” durante il viaggio…

è stata una cosa strana ed improvvisa, ma a volte le cose belle sono proprio

queste…

Gli sguardi che si cercano e si rincorrono…

I sorrisi che si scambiano e cambiano per essersi finalmente trovati.

Le parole leggermente imbarazzate,

e le risate che sistemano tutto.

Le lunghe passeggiate…

e i saluti disperati,

per una giornata passata troppo in fretta…

…il lungo viaggio di ritorno,

in cui le farfalle non volano via…

.. i ricordi.

… ma chi le trattiene le farfalle?!

La finestra di fronte

Una casa giaceva in un angolo dimenticato della strada, avvolta da un silenzio spettrale. Le sue finestre erano nere, vuote, come orbite di un teschio che fissavano il nulla. I rampicanti si erano arrampicati sulle pareti di pietra, insinuandosi tra le crepe come dita scheletriche in cerca di qualcosa da afferrare.

Poi, all’improvviso, una luce.

All’interno di una delle stanze al piano superiore, un bagliore innaturale squarciò l’oscurità, tremolante e incerto, come se lottasse contro un’ombra più grande di lui. Le vecchie imposte scricchiolarono lievemente, scosse da un vento improvviso, e nel silenzio della notte si udì un grido.

«Nooooooooooo… lasciatemi!»

Era una voce spezzata, disperata, un urlo che sembrava venire da un luogo lontano, come se il tempo stesso lo avesse imprigionato tra quelle mura. Il suono rimbalzò lungo i corridoi polverosi, scivolò giù per le scale in rovina, si dissolse nella notte.

Poi, il nulla.

La luce si spense di colpo, come se qualcuno l’avesse risucchiata via. La finestra di fronte rimase buia, immobile, ma chiunque avesse assistito a quella scena sapeva di aver visto qualcosa che non si sarebbe mai potuto spiegare.

Il piccolo principe

Tim viveva ancora nella casa dei suoi genitori e aveva un lavoro meraviglioso, che amava profondamente. La sua vita scorreva serena, circondata dall’affetto degli amici di sempre e dalla sicurezza di una routine rassicurante.

Ma poi arrivò l’amore. Un amore travolgente, inaspettato, che lo spinse a prendere una decisione drastica: trasferirsi. Non ci pensò due volte. Fu un salto nel buio, un viaggio senza troppe certezze. Forse, sarebbe stato per sempre.

La sua scelta non fu accolta da tutti con entusiasmo. Alcuni amici si sentirono traditi, incapaci di accettare che Tim potesse lasciarli così, di punto in bianco. Altri, invece, lo capirono e lo incoraggiarono, ripetendogli con un sorriso: “I veri amici si ritrovano sempre”. E Tim ci voleva credere. Non era un addio, ma un arrivederci. Lontano, forse lungo, ma mai definitivo.

La mattina della partenza il cielo era grigio, carico di nuvole che sembravano riflettere i suoi pensieri. Le valigie erano già nel bagagliaio quando si fermò un istante, la mano sulla portiera, il cuore in bilico tra l’eccitazione e il timore. Poi respirò a fondo, salì in macchina e partì. Senza voltarsi indietro.

L’arrivo a Sunburn fu uno shock. Il paesaggio era completamente diverso da quello a cui era abituato: colori più accesi, odori sconosciuti, un’aria densa di aspettative e mistero. Sapeva che ci sarebbe voluto tempo per adattarsi, ma la sua determinazione era incrollabile. E poi c’era Terry. Con il suo sorriso rassicurante e le sue parole dolci, sarebbe stato tutto più facile.

Terry gli raccontò le leggende di Sunburn, gli parlò del fiume che sembrava nascondere un segreto antico, di una pioggia scomparsa da anni, di tradizioni che sopravvivevano ostinatamente al passare del tempo. E infine, con voce tremante, gli rivelò il suo terribile segreto. Una storia di dolore e disperazione che lo lasciò senza parole.

Tim sollevò lo sguardo verso l’alto. Il cielo era di un azzurro sconvolgente, il sole brillava con una forza quasi accecante. Chiuse gli occhi per un istante, sentì il calore sulla pelle, la luce filtrare attraverso le palpebre. Poi li riaprì e, con un sorriso appena accennato, si voltò ancora una volta a guardare quel sole. Quel nuovo inizio.

Le verità nascoste

11 anni prima

Era una sera d’autunno, una di quelle che sembrano sospese tra il presente e il passato, cariche di mistero e malinconia. L’aria profumava di terra umida e foglie secche, mentre i colori del giorno sfumavano lentamente nel buio. Il cielo, plumbeo e minaccioso, sembrava sul punto di scatenare una tempesta furiosa, e per le strade non c’era anima viva.

Tutti erano rientrati nelle loro case, chi dal lavoro, chi da una passeggiata, cercando rifugio nel calore familiare. Le finestre illuminate brillavano nel buio come piccole promesse di serenità. Era l’ora in cui le famiglie si riunivano attorno alla tavola, condividendo il pasto, raccontandosi la giornata, prima di abbandonarsi a un film, a qualche chiacchiera sottovoce e infine al sonno. Ma quella sera, nell’aria, aleggiava qualcosa di strano.

Dave e Terry ridevano ancora, spingendosi sulle altalene nel giardino dietro casa, quando la loro madre li chiamò: la cena era pronta. Avevano corso tutto il giorno, inventando storie, sfidandosi in giochi senza fine. Erano inseparabili. Sembrava che un filo invisibile li legasse fin dalla nascita, come se si fossero aggrappati l’uno all’altra per paura di perdersi.

“Chi arriva per ultimo dovrà fare i compiti dell’altro per una settimana!” gridò Terry, lanciandosi verso casa.

Dave rise, come faceva sempre. Era più veloce, ma si lasciò superare. “Sei troppo forte, non ti batterò mai!” disse, lasciandole la vittoria, godendosi il suo sorriso. E, come ogni sera, quella piccola complicità lo riempì di gioia.

Rincorsero il padre appena rientrato dal lavoro, lo abbracciarono forte e corsero a lavarsi le mani, sporche di gioco, di terra e di felicità. Poi si sedettero tutti insieme a cena, raccontando le loro avventure quotidiane, parlando di compiti, disegni, sogni e desideri. La serata proseguì con un film, tutti sdraiati sul divano, avvolti dal calore della loro casa.

Fuori, la pioggia iniziò a cadere. Non era un semplice temporale. Era una cascata violenta, incessante, una furia d’acqua che sembrava voler sommergere tutto, come se il cielo stesso stesse piangendo con disperazione.

Dave e Terry andarono a dormire, sfiorandosi la mano prima di addormentarsi, un piccolo gesto che per loro significava protezione, vicinanza. Erano piccoli, fragili, eppure così incredibilmente uniti.

Nel cuore della notte, un tuono squarciò il silenzio. Dave si svegliò di soprassalto, con il cuore che gli martellava nel petto. Aveva sete. Scalzo, cercò di non fare rumore mentre scendeva le scale. Il temporale infuriava ancora, il vento scuoteva le finestre. Raggiunse il frigorifero, versò l’acqua in un bicchiere e si avvicinò alla finestra, osservando affascinato la pioggia. Si chiedeva sempre da dove venisse tutta quell’acqua, se fosse davvero, come dicevano alcuni, il pianto di Dio.

E poi lo vide.

Una figura scura, immobile, lo stava fissando attraverso il vetro. Il fiato gli si bloccò in gola. Il tempo sembrò fermarsi. Un’ombra si mosse silenziosamente, la porta si spalancò senza un suono. Prima ancora che potesse gridare, mani forti lo afferrarono, trascinandolo via nel buio.

Nessun rumore. Nessun testimone.

Pochi minuti dopo, la pioggia cessò. Le ultime gocce colavano lente dai tetti e dai rami, scivolando come lacrime silenziose sul suolo inzuppato. Il vento si placò di colpo, come se qualcuno avesse spento il soffio vitale della tempesta. Il cielo si aprì in un nero denso e immobile, senza più nuvole a minacciare la terra.

E poi, il silenzio.

Un’assenza innaturale, pesante, che avvolse Sunburn come un sudario. L’odore della pioggia scomparve, come cancellato. L’aria diventò immobile, senza freschezza, senza più il brivido dell’umidità. Le strade, lucide d’acqua appena caduta, non si asciugarono mai più nello stesso modo. Qualcosa, quella notte, si era spezzato.

Da quel giorno, Sunburn cambiò per sempre. Le stagioni passarono, le foglie caddero e rinacquero, il sole sorse e tramontò innumerevoli volte. Ma mai più una goccia d’acqua toccò il suolo della città. Nessun temporale, nessuna pioggia leggera, nessuna brina al mattino. Il cielo si tinse di un azzurro eterno, crudele nella sua perfezione, come se la natura stessa avesse voltato le spalle a quel luogo.

Le persone iniziarono a sussurrare, a temere. Alcuni raccontavano che fosse una maledizione, altri cercavano spiegazioni razionali. Ma la verità restava avvolta nel mistero. Sunburn era cambiata per sempre.

11 anni dopo

Terry ricordava ogni dettaglio di quella notte. Il terrore, le lacrime, le ricerche disperate, la speranza che si spegneva un po’ ogni giorno. Ogni ricordo era ancora vivido, inciso nella sua anima. E ora, dopo tanti anni, quelle emozioni stavano riaffiorando, prepotenti, come se cercassero di emergere da un abisso profondo.

Forse era solo la mancanza di Dave. O forse era un segnale. Qualcosa stava per accadere.

L’Angelo e la Pioggia

C’era qualcosa di unico in Dave fin da quando era bambino: i suoi sogni.

Non erano semplici desideri infantili, ma mondi interi in cui si muoveva con una consapevolezza straordinaria, come se il confine tra sogno e realtà fosse più sottile per lui che per chiunque altro. Aveva speranze immense, più grandi di quanto le sue piccole mani potessero afferrare, eppure ci credeva con tutto se stesso. Ma la cosa più incredibile era che non sognava mai da solo.

Nei suoi sogni, Terry era sempre con lui. Non era solo un’immagine riflessa dalla mente del fratello, ma una presenza vera, concreta. Potevano vedersi, parlarsi, muoversi insieme in un universo creato solo per loro. Ridevano, esploravano, vivevano avventure impossibili. Era come se, in quegli spazi onirici, fossero due anime legate da qualcosa di più profondo della semplice parentela.

E c’era un’altra cosa. Qualcosa che Dave non osava dire ad alta voce per paura di spezzare l’incantesimo. Nei sogni, poteva controllare la pioggia.

Non sapeva spiegarselo. Non sapeva nemmeno se fosse reale o se fosse solo la sua immaginazione a giocargli strani scherzi. Ma ogni volta che si concentrava, la pioggia obbediva. Poteva fermarla con un pensiero, dissolverla come fumo nel vento. E, ancora più strano, poteva vedere attraverso le gocce, come se fossero piccoli specchi sospesi nell’aria, frammenti di un altro mondo, di un’altra verità.

Forse era solo un sogno. Forse tutto era possibile nei sogni. Ma Dave era certo di una cosa: quello che accadeva nella sua mente non era privo di significato. Ne era così sicuro da convincere anche Terry, che condivideva con lui ogni esperienza e ogni mistero.

La prima volta che si accorsero di quanto fossero speciali era un pomeriggio d’estate. Si erano allontanati da casa per raggiungere il fiume “magico”, un luogo che amavano per la sua quiete e per il mormorio ipnotico dell’acqua. Sdraiati sull’erba, con il sole che giocava tra le foglie sopra di loro, si addormentarono senza accorgersene.

Al risveglio, tutto era cambiato.

Il cielo era diventato grigio, il sole scomparso, e un velo di pioggia sottile cadeva intorno a loro come una cortina. Terry si alzò di scatto, spaventata. «Dave… cosa sta succedendo?»

Lui la prese per mano, istintivamente, e in quell’istante una luce improvvisa li avvolse. Il tempo sembrò congelarsi. La pioggia si arrestò di colpo, come se qualcuno avesse premuto un interruttore invisibile. Non un suono, non una goccia. Solo il silenzio irreale di un mondo trattenuto nel respiro di qualcosa di più grande.

Si guardarono negli occhi, il cuore che batteva all’unisono. Non capivano. Non potevano capire.

Fu allora che sentirono la voce.

Non c’era nessuno attorno a loro, ma la voce era chiara, profonda, distante eppure vicinissima. «Guardate la pioggia.»

Era un sussurro nel vento, un’eco che sembrava provenire da un luogo che non apparteneva né ai sogni né alla realtà. Senza esitazione, Dave e Terry obbedirono. E ciò che videro li lasciò senza fiato.

Nelle gocce di pioggia danzavano immagini, come riflessi in un milione di piccoli specchi. In una, videro se stessi, ancora distesi sull’erba vicino al fiume. Realizzarono con un brivido che stavano ancora sognando. Ma non era finita.

In un’altra goccia, scorsero una scena che non avevano mai visto prima: la nascita di due bambini. Due gemelli, che venivano al mondo con le mani intrecciate, come se temessero di perdersi non appena separati.

Si guardarono, stupiti. «Siamo noi?» sussurrò Terry.

Dave non rispose. Qualcosa lo spinse a concentrarsi su un’altra goccia, e l’immagine che vi apparve gli fece spalancare gli occhi. Un ragazzo, poco più che ventenne, camminava per una strada sconosciuta. Portava con sé una valigia, il viso nascosto sotto il cappuccio di un giubbotto. Sembrava diretto proprio a Sunburn.

Dave sorrise. «Terry… credo proprio che quello sarà il tuo futuro ragazzo.»

Terry lo fulminò con lo sguardo, ma poi scoppiò a ridere. «Sei uno sciocco.»

Le domande si affollavano nella mente di Dave. Perché stavano vedendo tutto questo? Cosa significava? Era solo un sogno o c’era qualcosa di vero dietro tutto questo?

«Dave, smettila di pensare.» Terry lo prese per le spalle e lo scosse leggermente. «Siamo in un sogno, ricordi? Non c’è bisogno di spiegazioni. Divertiamoci finché dura.»

Ma Dave non riusciva a smettere di farsi domande. E, in fondo al cuore, sapeva che un giorno avrebbe trovato le risposte.

Poi accadde qualcosa.

D’istinto, staccò la mano da quella di Terry. Un battito di ciglia. Un vuoto improvviso. Il sogno si frantumò come vetro in frantumi.

Si risvegliarono di colpo, i battiti accelerati, la pelle d’oca sulle braccia. Il fiume era lì, immobile, identico a prima. Il sole brillava ancora nel cielo azzurro. Eppure, per loro, nulla era più lo stesso.

Erano stati via solo pochi minuti. Ma in quei pochi minuti, il loro mondo era cambiato per sempre.

La leggenda della Pioggia che trasforma gli Angeli
[Poesie tradotte e rivisitate dal disco “The Angel and the Rain – The LoveCrave”]

In un mondo parallelo, così vicino da poterlo quasi sfiorare, forse tre stelle a destra della luna, gli Angeli combattevano la loro ultima, disperata battaglia. Da secoli il loro destino era intrecciato con quello delle Maschere Nere, creature spietate che si nutrivano dell’anima altrui, trasformando chiunque ostacolasse il loro cammino in un’ombra senza volto.

Erano esseri spaventosi. Subdoli. Senza pietà.

Un tempo erano i guardiani delle prigioni del mondo, ma col passare degli anni avevano compreso il potere che custodivano e si erano ribellati. Avevano spezzato le catene che imprigionavano il male, lo avevano assimilato, diventando essi stessi oscurità. Ora non combattevano più per dovere, ma per sete di potere. Per brama di dominio.

“Siamo la parte oscura del mondo,
e lo fermiamo dal girare,
siamo il freddo passato che brucia,
perché il futuro sta fallendo,
e tu non puoi continuare a distruggere.
Siamo il rumore che non puoi sentire,
siamo dietro ai tuoi occhi,
facciamo sculture di aria
con tutti i tuoi sogni e i tuoi incubi,
perché sentiamo le tue preghiere.
Ed ora, sei lì da solo,
pieno di peccati e di colpe,
e piangi, gridi:
Salvami!
Vorresti vivere come noi,
vampiri della notte,
ci daresti la tua vita
per vedere nell’oscurità con i nostri occhi.
Siamo la luce che non puoi vedere,
ma puoi percepire la sua presenza.
E tu sei così perso e debole
Perché senti la violenza
In ogni parola che dici.
Noi siamo quelli che odiate
Perché non siamo vostri schiavi,
i vostri ordini sono come petali,
e alla fine le vostre rose svaniscono,
svaniscono…
E tu sei di nuovo solo
Con tutte le streghe nella tua testa,
che ballano,
e tu gridi
Salvami!”

Ma gli Angeli non erano stati colti di sorpresa. Sapevano che quel giorno sarebbe arrivato e avevano forgiato un esercito pronto a contrastare la furia del Nero. Tra le fila delle Maschere Nere, però, si celavano anche coloro che non avevano scelto quella strada. Giovani strappati dalle loro famiglie, cresciuti senza un nome né un futuro, addestrati fin dall’infanzia a combattere una guerra che non gli apparteneva. Prigionieri di un destino imposto, erano diventati nulla. Nessuno.

“Ti perdi ogni volta
Che chiudi gli occhi,
perché quello è l’unico modo in cui la puoi vedere,
e lì non puoi mentire.
Il tuo mondo è scomparso,
il suo tocco è scomparso,
ed ora ti senti come
un buco nero,
dove i sentimenti svaniscono,
il codice sbagliato,
il nulla.
Corri e ti nascondi,
odi e muori,
e bruci stanotte,
perché tu non sei Nessuno.
Lei è bella come il paradiso,
ma tu sei all’inferno,
lei è la sabbia dorata del deserto,
ma tu sei rinchiuso in una cella e piangi,
cercando di respirare,
ma fa male come la morte.”

Quello che faceva sentire questi ragazzi come “Nessuno” era proprio la solitudine. La solitudine era come un piccolo suicidio. Un veleno sottile che spegneva ogni speranza. Il mondo che conoscevano era stato cancellato e sostituito da un regno di ombre, un abisso nascosto agli occhi di chiunque. E ora che non avevano più nulla, non restava loro che combattere. Combattere per vincere. Combattere per sopravvivere. Combattere per un futuro che forse non avrebbero mai conosciuto.

“Vivrai solamente per un altro giorno,
respirerai solamente per un altro giorno,
nessuno ti ascolta quando preghi
nessuno ti ascolta e quella è
l’unica alternativa.
Il tuo cuore è spezzato,
nessuno ti sente,
stai scappando dalla vita,
e morire è facile,
perché nessuno ti ascolta,
ma non puoi scappare dal tuo destino,
sarà il tuo piccolo suicidio.
Respirerai solamente per un altro giorno,
amerai solamente per un altro giorno,
questo cazzo di mondo non potrà mai cancellare
il dolore che provi,
e sarà il tuo piccolo suicidio.“

Gli Angeli si riunirono nelle ore che precedevano la battaglia, avvolti da un silenzio denso di attesa. Si disposero in cerchio, come imponeva l’antico rituale, un legame di mani intrecciate che pulsava di energia. Con gli occhi chiusi e i volti tesi, incanalavano la loro forza interiore, unendo le anime in un’unica volontà: combattere fino all’ultimo respiro. Sapevano che il destino del loro mondo sarebbe dipeso da quell’ultimo scontro, e ogni fibra del loro essere vibrava di tensione e determinazione.

Poi si misero in cammino, avanzando tra città spettrali e terre segnate dalla guerra, lasciandosi alle spalle rovine e ceneri. Ogni passo li avvicinava alla loro meta finale, il punto di non ritorno, la grande X tracciata dal fato: poteva essere la loro tomba o il sigillo della loro immortalità. Nessuno, nemmeno tra loro, avrebbe saputo descrivere con esattezza ciò che provavano. Il cuore oscillava tra speranza e disperazione, tra il miraggio della vittoria e il terrore di una fine inevitabile.

Quando il momento arrivò, il loro grido di battaglia si levò nel cielo come un tuono. Un boato che scosse la terra, che fece rabbrividire chiunque lo udisse. La loro essenza ardeva, un fuoco indomabile che illuminava l’oscurità. Erano scintille di luce nella notte, piccoli soli esplosivi che si infrangevano sul campo nemico. E così, nel bagliore del loro sacrificio, la guerra ebbe inizio.

“Corriamo e ci muoviamo di città in città,
così stanchi e con il trucco che cola,
La luce del giorno compare mentre noi stiamo guidando,
e continuiamo a correre.
Voi siete sicuri che noi scompariremo,
vi sentiamo ridere e dire
– nessuno ce la farà –
ma non possiamo mentire, se il nostro destino è morire,
allora moriremo.
No, non potete dire come ci si senta,
non potete sapere come tutto ciò ci stia ferendo.
Pensate di poter vendere tutte le nostre lacrime,
ma non potete sapere come tutto ciò ci stia uccidendo.
Stiamo bruciando come ghiaccio, perché questo non è il nostro mondo,
sospeso tra la luce e le tenebre.
Questo è il vostro mondo,
ma vi faremo vedere la nostra rabbia.
guardateci!
Riuscite a sentire la nostra voce?!
Voi vivete e noi bruciamo,
ma se ci trasformiamo in farfalle,
con ali al posto di mani,
cominciate a correre perché non potrete vincere.
Il colpo troverà la sua strada
E brucerà esplodendovi in faccia,
la musica che brucia dentro di noi
sarà il suono della Pioggia, il suono della vita,
ne avrete bisogno per sopravvivere.
Vinceremo la guerra
Vinceremo la guerra
Vinceremo la guerra.
No, abbiamo perso.”

Le voci degli Angeli risuonavano potenti, un coro ancestrale che squarciava l’aria, sovrastando ogni suono, ogni urlo di terrore. La loro luce, pura e incandescente, sembrava sgretolare le Maschere Nere, costringendole a piegarsi sotto il peso della loro stessa oscurità. Per un istante, la vittoria parve vicina, tangibile come il calore del sole dopo un inverno senza fine.

Ma poi accadde l’impensabile. Qualcosa si spezzò. Una forza invisibile, fredda e implacabile, scivolò tra le file degli Angeli e in un battito di ciglia la luce si spense. L’oscurità avvolse ogni cosa, soffocante e assoluta. Un silenzio irreale cadde sul campo di battaglia, interrotto solo dal suono sordo di corpi che crollavano. Qualcuno era stato colpito. Qualcuno si era spento. E con lui, un frammento della loro speranza.

Il giorno seguente, un lutto silenzioso avvolgeva l’accampamento. Centinaia di Angeli erano riuniti in piedi, immobili come statue, gli sguardi persi nell’ombra del dolore. Al centro, un letto di petali di rosa custodiva chi stava per lasciare quel mondo. Il respiro del ferito era debole, appena un soffio sospeso tra la vita e la morte. Non servivano parole, non c’era spazio per le lacrime: quello era l’ultimo saluto, il loro ultimo ballo insieme, prima che l’eternità si portasse via uno di loro.

“Braccia attorno a me,
mi sento salvo.
Luci di candele sul tuo volto
È il nostro ultimo giorno assieme,
è il nostro ultimo giorno.
Balla con me,
è il nostro ultimo giorno assieme.
Petali di rosa che cadono,
in questo scenario di pioggia,
mi abbracci sulle foglie umide,
con amore e con dolore,
e i nostri sogni infuocati cercano preghiere,
ma nessuno prega,
nessuno prega per noi.
Il buio giunge come un vello,
comincio a perdere me stesso ancora,
è il nostro ultimo giorno assieme,
è il nostro ultimo giorno,
balla con me,
è il nostro ultimo giorno assieme.

Gli Angeli sapevano che non potevano permettersi di indugiare nel dolore. La ferita della perdita era ancora aperta, pulsante come una cicatrice incisa nell’anima, ma il tempo per piangere era un lusso che non potevano concedersi. La guerra non era finita. Non ancora. Le Maschere Nere erano ancora là fuori, in agguato nell’ombra, pronte a colpire di nuovo.

Dovevano trovare un modo per ribaltare le sorti dello scontro, per sorprendere il nemico e porre fine, una volta per tutte, al terrore che infestava il loro mondo. Ogni battito del loro cuore vibrava all’unisono con la furia che li animava, una tempesta pronta a scatenarsi, una luce sull’orlo dell’esplosione. La rabbia, accumulata negli anni di battaglie e sacrifici, bruciava dentro di loro come un incendio inarrestabile. Non erano sconfitti. Non ancora. E non lo sarebbero mai stati finché l’ultimo di loro avesse ancora un soffio di vita.

Con un solo pensiero, una sola volontà, tornarono sul campo della loro disfatta. Là dove il buio li aveva avvolti, ora sorgeva la loro ultima possibilità di redenzione. Si radunarono, stringendosi l’uno accanto all’altro, sentendo il calore della loro determinazione fondersi in un’unica energia pulsante. Era il momento. Non c’era più spazio per la paura o per l’incertezza.

Un’esplosione di luce squarciò il cielo.
Un grido di battaglia scosse l’aria.
L’ultima speranza si accese come un fuoco che non si sarebbe mai spento.

“I riflessi diventano chiari,
e lo specchio fa male, ma non mente.
Il rifugio che mi ero costruito si è rotto,
ed il fuoco è tornato per sciogliere il ghiaccio.
La mia vita è come un fulmine,
come potrei vivere senza il suono,
recitando una parte che ho odiato.
Ho cambiato pelle – sono tornato!
(ti sento qui) – e non sto sognando,
(ti sento vicina)
Non sono solo e tu non sei scomparsa – non sono solo!
La mia anima esplode,
è bianca come la luce.
La mia anima ritorna,
è nera come il fulmine.
Sono tornato con tutte le mie debolezze,
con tutte le lacrime, e tutti i sorrisi,
ho bruciato la mia maschera nera,
e sono tornato – ne ho avuto abbastanza.”

E poi accadde qualcosa. Un cambiamento sottile, quasi impercettibile all’inizio, ma destinato a ribaltare il corso della battaglia.

Gli Angeli non avevano ancora ottenuto la vittoria, ma il loro potere aveva già lasciato un segno indelebile. Molte delle Maschere Nere giacevano a terra, sconfitte, dissolvendosi lentamente nell’oscurità da cui erano emerse. Altre, invece, avevano perso la sicurezza che le aveva sempre rese così temibili. Avevano smesso di attaccare con ferocia, i loro movimenti erano diventati incerti, colmi di esitazione. E poi, il primo segnale: una si voltò di scatto e iniziò a fuggire. Un’altra la seguì. Poi un’altra ancora.

La ritirata si trasformò presto in una corsa disperata. Le Maschere Nere cercavano di svanire, di confondersi con le ombre, di sottrarsi alla luce che le incalzava. Ma gli Angeli le vedevano. Ogni loro passo insicuro, ogni tentativo di nascondersi era perfettamente visibile agli occhi di chi aveva giurato di estirpare il male.

E così iniziò l’inseguimento. Un eterno rincorrersi, il bene e il male intrecciati in una danza frenetica. I primi correvano per annientare le ombre, i secondi per sfuggire alla luce. Una fuga senza tregua, una caccia senza confini.

Correre…Correre per salvarsi.. Correre per la vittoria… Correre via per l’ultimo volo.

“Il terreno sta bruciando,
è tempo di nascondersi.
Il cielo sta cambiando,
ed io posso volare.
Stufo di tutte le persone,
stufo di me stesso,
stufo di vivere,
tutto ciò che mi serve è
correre correre correre via dall’amore
scappare dall’odio,
scappare da voi,
devo correre ora.
È giunta l’ora di bruciare,
è giunta l’ora di volare.
Sono così inconsistente
Che non riuscite a sfiorarmi,
e non potete più farmi del male.
Non potete più vedermi,
ma io posso vedervi nudi,
con tutti i vostri peccati che tentate di nascondere.
Sì, posso vedervi nudi fino alle ossa,
ed è per questo che è giunto il momento di
correre correre correre via dall’amore,
scappare dall’odio,
scappare da voi,
devo correre ora.
È giunta l’ora di bruciare,
è giunta l’ora di volare.
Non ho più paura di scappare.”

Ad un certo punto, accadde qualcosa di straordinario e incomprensibile. La pioggia, che cadde con una forza mai vista prima, si riversava dal cielo come un mare in tempesta, con un rumore assordante che sembrava scuotere l’intero universo. In quel momento, gli Angeli si erano raccolti in cerchio, i loro corpi luminosi e tesi come fili d’oro, concentrati nel massimo silenzio. Si tenevano per mano, quasi a sostenersi a vicenda, mentre i loro volti, pur calmi, tradivano una tensione palpabile, il bisogno di essere uniti, di condividere quella missione che avrebbe potuto cambiare tutto.

Poi, d’improvviso, una luce accecante esplose nel cuore della tempesta. Era così intensa che parve avvolgere ogni cosa, come se l’intero cielo stesse implodendo su se stesso. In un istante, tutto si fermò. Il rumore della pioggia cessò, il vento si placò, e l’aria stessa sembrava sospesa, in attesa di un miracolo. Non una goccia scivolava più dalle nuvole, non una folata di vento turbinava nell’atmosfera. Il mondo intero era immobilizzato, e gli Angeli, increduli, si scambiarono sguardi attoniti, come se anche loro non riuscissero a comprendere la portata di ciò che stava accadendo.

Restarono così, in un silenzio pesante, senza sapere cosa fare. I loro cuori battevano forte, ma non riuscivano a capire. Per un lungo momento, il tempo sembrò fermarsi davvero, eppure qualcosa stava accadendo. Gli Angeli, uno dopo l’altro, cominciarono a guardarsi più intensamente, scrutando l’infinito che si era disteso davanti a loro. Ed ecco che, in modo impercettibile all’inizio, iniziarono a vedere qualcosa. Era come se ogni singola goccia di pioggia fosse diventata una finestra attraverso cui guardare il passato. Ogni singola perla d’acqua che, per un istante, era rimasta sospesa nell’aria, racchiudeva al suo interno le memorie di battaglie dimenticate, di giorni trascorsi in lotte estenuanti, di vittime cadute, di sconfitte dolorose, di sacrifici e di speranza.

Non riuscivano a credere ai loro occhi. Ogni goccia raccontava una storia, una guerra, un cuore infranto, una luce che sbiadiva. Ma, mentre i loro sguardi si facevano più attenti, qualcosa di diverso apparve, qualcosa che non avevano mai visto prima. Una scena, quasi irreale, si stagliò davanti a loro. Dentro una delle gocce, gli Angeli videro se stessi, o meglio, alcuni di loro, circondati da centinaia di Maschere nere, morte, sconfitte, che giacevano al suolo come corpi privi di vita. Era un’immagine di fine battaglia, ma non era un ricordo del passato. Era qualcosa di nuovo, qualcosa che li spingeva a guardare oltre.

E poi, in un’altra goccia vicina, emerse un altro dettaglio: il punto debole delle Maschere nere, la loro vulnerabilità, qualcosa che nessuno aveva mai scoperto prima. Era come se la pioggia avesse rivelato, in quel momento sospeso, la chiave per la vittoria finale. La luce della rivelazione si accese nei loro occhi. Gli Angeli si guardarono con occhi pieni di stupore, come se in quell’istante l’intero destino del loro mondo si fosse svelato.

La pioggia, che sembrava essere un ostacolo, ora li aveva guidati. Si era fermata, sì, ma in quel silenzio sospeso aveva mostrato loro la via. Una via che, se percorsa, avrebbe significato la fine delle Maschere nere, il trionfo della luce e della speranza, e finalmente, la pace tanto attesa. Il cammino era segnato, e loro, forti di quella rivelazione, avrebbero affrontato la battaglia finale con una determinazione che mai avevano provato prima.

La pioggia, in quella sua immobilità, aveva parlato. E gli Angeli avevano ascoltato.

“Ora stringimi forte,
so che non è giusto,
ma devo andare.
Sono solo un fantasma,
sono solo il passato,
corri!
Toccandomi
Riesci a sentire
L’eternità?
Domani sentirai la chiamata,
non potranno mai rubarti l’amore.
Domani sarai il solo,
mio angelo,
domani sarai il sole,
nella pioggia.
In giorni freddi e piovosi,
quando sarò vecchio e grigio,
ti vedrò lì,
mio angelo nella pioggia,
e sentirò finalmente
lo stesso amore.”

Gli Angeli, grazie all’insperato intervento della Pioggia, erano finalmente riusciti a sconfiggere le temibili Maschere nere, quelle creature oscure che per secoli avevano seminato terrore e distruzione nel loro mondo. Ma ciò che aveva reso possibile questa vittoria non era stato solo il coraggio e la forza accumulata durante le battaglie, né tanto meno la semplice determinazione che li aveva spinti a combattere fino all’ultimo respiro. No, la vera causa del loro trionfo risiedeva in qualcosa di molto più profondo, un potere che si era risvegliato all’improvviso, qualcosa che aveva radici nell’essenza stessa dell’universo, capace di travolgerli e trasformarli irrimediabilmente.

La Pioggia, che inizialmente sembrava solo un ostacolo, si era rivelata essere la chiave di tutto. In un momento di silenzio assoluto, quando il cielo stesso sembrava sospeso nell’eternità, essa aveva fermato il tempo, permettendo agli Angeli di scrutare l’invisibile e di scoprire la debolezza nascosta delle Maschere nere. Ma non si trattava solo di una rivelazione strategica: la Pioggia aveva penetrato ogni fibra dei loro esseri, unendoli in una sinergia che andava oltre la mera alleanza. Con il suo tocco, li aveva trasformati, infondendo in loro una forza primordiale che trascendeva la semplice materia. Ogni goccia che si era fermata nell’aria non era solo un frammento di acqua, ma un catalizzatore di potenza, un portale verso una nuova dimensione di energia.

Con ogni battito del loro cuore, gli Angeli percepivano che qualcosa di magico e immenso stava accadendo. Le loro ali, un tempo simbolo di grazia e bellezza, ora sembravano emanare una luce ancor più intensa, come se la Pioggia avesse forgiato in loro una nuova forma di luce, più potente e determinata. I loro occhi, che avevano visto decine di guerre e battaglie, si erano fatti più acuti, più lucenti, capaci di scrutare oltre l’apparenza, di percepire la verità celata dietro le ombre. Il loro respiro stesso era cambiato, carico di una forza che li spingeva a non fermarsi mai, a lottare fino a consumarsi, fino a sradicare definitivamente il male che aveva infestato il loro mondo.

Era come se la Pioggia li avesse purificati e, allo stesso tempo, armati di una nuova forza, un potere che non avevano mai conosciuto prima. Non più semplici guerrieri, ma esseri trasformati, capaci di piegare la realtà alle loro volontà, di plasmare il destino con un semplice pensiero. Erano diventati una nuova incarnazione della speranza, una speranza che, finalmente, avrebbe riportato la pace e la serenità nel loro mondo tormentato.


Passarono molti anni di pace e tranquillità, un periodo che sembrava eterno, come se il mondo intero avesse finalmente trovato il suo equilibrio. Gli Angeli, dopo aver vinto la battaglia decisiva, avevano potuto godere di un silenzio ristoratore, di una serenità che sembrava non conoscere fine. La luce della speranza brillava costantemente, e il dolore, che un tempo aveva segnato ogni angolo del loro regno, era ormai solo un lontano ricordo. Ma, come sempre accade, la quiete si rivelò effimera, come la calma che precede la tempesta.

Un giorno, in una città dalle mura nere come la notte, si levò una voce. Era una voce tenue, quasi timorosa, ma incredibilmente chiara, che si stagliava nell’aria come un eco distante, spezzando l’apparente armonia di quel luogo. La canzone che risuonò, inizialmente fragile, prese vita lentamente, come se stesse cercando il suo posto nel mondo. Le parole, scarne e disorientate, si misero a vagare nell’aria, pesanti e piene di un’inquietudine che nessuno avrebbe potuto ignorare.

“Non so chi sono.
Perché sono qui.
Non so come poter raccontare la mia storia.
Non so da dove iniziare.
Non ricordo.”

Le note sembravano danzare nell’oscurità, riflettendo una disperazione silenziosa, come se quelle parole fossero state estratte da un’anima perduta, intrappolata in un labirinto di confusione e smarrimento.

In un angolo remoto della città, un bambino si trovava intrappolato in un mondo che non riconosceva. Non ricordava come fosse finito lì, né perché si trovasse in quel luogo sconosciuto e terribile. Si svegliò, o almeno credeva di averlo fatto, ma la realtà che lo circondava non somigliava a nulla di ciò che conosceva. Non c’era luce, non c’era vita, solo un’oscurità profonda che pareva inghiottirlo completamente, rendendolo invisibile anche a se stesso. Ogni tentativo di muoversi, di cercare una via di fuga, finiva in un nulla senza fine, come se il vuoto fosse l’unico compagno di quella triste realtà.

Il bambino, smarrito e impotente, non sapeva cosa fare. Si sentiva come una scintilla nell’oscurità, un’anima senza direzione, che vagava senza speranza in un mondo che non sembrava appartenere a nessuno. Non vedeva nulla attorno a sé, né forme né colori, solo il buio che lo circondava in ogni direzione, soffocante, insopportabile. Non riusciva a respirare, non riusciva a pensare, come se ogni pensiero fosse assorbito dalla tenebra che lo avvolgeva. L’ansia cresceva, insieme al terrore. La consapevolezza che tutto ciò non fosse un sogno si faceva strada lentamente nella sua mente, trasformandosi in una verità implacabile: l’incubo che stava vivendo era reale. La sua prigione non era solo fisica, ma anche mentale, una morsa invisibile che lo tratteneva senza pietà.

Non riusciva a ricordare nulla del suo passato, come se la sua vita precedente fosse stata cancellata, svanita nell’oscurità che lo circondava. Nessuna memoria, nessuna identità, nessuna traccia di ciò che era stato. Ogni pensiero sembrava dissolversi nel nulla, lasciandolo più vulnerabile, più solo, più disperato. L’unica cosa che poteva fare era aspettare, aspettare che qualcosa accadesse, che quella soffocante oscurità si dissipasse, che un raggio di luce, per quanto piccolo, potesse illuminare la sua strada. Ma in quel momento, l’unica certezza che aveva era il buio. Un buio che non sembrava conoscere fine.

“Città oscura,
sento le grida,
Città oscura,
che sono nel vento.
Città oscura,
qui mi ritrovo,
città oscura,
elettricità.
Città oscura,
i morti sono vivi,
città oscura,
non posso nascondermi,
città oscura,
mi sta uccidendo,
città oscura,
la paura di rimanere solo,
la paura di rimanere solo,
la paura di rimanere solo.”

Qualcuno era stato rapito nuovamente. Forse le Streghe erano tornate.

Nuvole nere

Era un nuovo giorno a Sunburn, ma qualcosa nell’aria suggeriva che quel mattino non fosse come gli altri. Il sole era sorto, ma la sua luce, che di solito riempiva la città con un caldo abbraccio dorato, sembrava ora più fredda, meno benevola. Le strade erano animate come sempre, ma sotto la superficie frenetica della quotidianità c’era un’atmosfera strana, come se la città stesse trattenendo il respiro, consapevole di un pericolo imminente.

Le persone si preparavano a iniziare la loro giornata, ognuna intrappolata nei propri pensieri, nei propri ritmi. C’era chi usciva di casa di buonora, con il passo veloce di chi ha impegni urgenti; chi, con la mente distratta, iniziava a riordinare, a fare le pulizie quotidiane che scandivano il passare delle ore. Altri ancora, come sempre, lottavano contro il sonno, costretti a fronteggiare una giornata che non voleva iniziare. Ma tra tutta quella confusione, c’era qualcuno che non riusciva a scacciare il pesante senso di inquietudine che la notte non aveva fatto che alimentare.

Terry, da quando il buio della notte si era posato su di lei, non era riuscita a dormire. I pensieri si erano alternati in un turbine incessante, come un fiume in piena che travolgeva ogni cosa, lasciandola senza respiro. La mente le tornava continuamente a un presagio che non riusciva a ignorare, una sensazione cupa che le stringeva il cuore. Un’ombra scura si faceva largo nei suoi pensieri, l’intuizione che qualcosa di terribile stava per accadere. Le nubi nere che si accumulavano all’orizzonte non facevano che confermare quel sentore, come un avvertimento silenzioso ma inequivocabile che qualcosa stava per cambiare, che l’aria stessa stava per essere squarciata dalla violenza di un evento inarrestabile.

Terry si era abbandonata ai suoi ricordi, come se cercasse qualcosa a cui aggrapparsi per distrarsi dal presentimento che le cresceva dentro. Il pensiero di Dave la colpì con forza. Il fratello. La mente le tornò agli splendidi momenti che avevano condiviso, ai giorni in cui tutto sembrava possibile. Nonostante tutto, le sue lacrime non avevano mai smesso di scorrere quando pensava a lui. Non riusciva a dimenticare quel legame speciale che li univa, una connessione così profonda che a volte sembrava oltrepassare i confini della ragione, dell’umano. Lo sentiva, anche senza parole. Quando Dave stava male, lo percepiva, come se una parte di sé stessa si staccasse e andasse a cercarlo, nel dolore che non riusciva a nascondere. E quando invece stava bene, quel legame si trasformava in un’ondata di energia pura, come un fulmine che attraversava il suo corpo, facendola sentire viva, più forte, invincibile. Erano legati in un modo che nessuna distanza, nessuna separazione, poteva spezzare.

Ora, mentre il giorno cominciava ad alzarsi sopra la città, queste sensazioni stavano tornando a farsi strada dentro di lei. Un fruscio sottile, ma potente, come una corrente elettrica che attraversa il corpo e lo scuote dall’interno. Terry non riusciva a capire perché, ma sapeva che qualcosa stava accadendo. La sua connessione con Dave, quel filo invisibile che li univa, sembrava risvegliarsi improvvisamente, come se lui fosse lì, con lei, a un passo da raggiungerla, a un passo dal farle sentire ancora una volta il battito del suo cuore. Ma non c’era niente di rassicurante in quella sensazione. Anzi, l’unica certezza che si faceva largo in Terry era che qualcosa di oscuro, di pericoloso, stava per accadere, e lei, in qualche modo, doveva essere pronta ad affrontarlo.

L’isola dei sogni perduti

Le Maschere nere si erano riunite in un cerchio d’ombra, un incontro che segnava l’inizio di una nuova fase nel loro piano oscuro. I loro occhi erano fissi, rapiti dalla stessa sete di potere che li aveva condotti fin lì, e l’aria nella stanza era densa, carica di tensione. Ogni loro parola veniva sussurrata, ma la freddezza e la determinazione nel tono non lasciavano spazio a dubbi: sapevano cosa volevano e avevano deciso che era arrivato il momento di agire.

Nella stanza accanto, Dave era immobile, ascoltava con attenzione, cercando di cogliere frammenti di conversazione che riuscivano ad attraversare il muro di silenzio che le Maschere cercavano di erigere attorno a lui. Non riusciva a sentire tutto, ma alcune parole affioravano nel buio, frammenti di discorsi che si intrecciavano con i suoi pensieri confusi. Sentiva la loro presenza, la loro intenzione di manipolarlo, ma ciò che lo preoccupava maggiormente era il fatto che, nonostante tutto, non riuscivano a piegarlo come avevano sperato.

Per anni, le Maschere nere avevano cercato di usare il potere che Dave possedeva, cercando di afferrarlo per piegarlo alla loro volontà. Il loro obiettivo era stato chiaro sin dall’inizio: voleva dominare il futuro, sottomettere il destino stesso, così da poter conquistare il mondo senza più ostacoli. E per farlo, avevano creduto che la chiave fosse Dave. Avevano provato e riprovato, senza successo, ma il giovane non riusciva più a controllare la pioggia, quella forza ancestrale che gli permetteva di vedere il futuro, di intuirne i contorni, come se il tempo fosse un fiume che scorreva davanti a lui. O forse, pensava, era proprio quello che le Maschere volevano fargli credere.

Dave aveva smesso di rispondere ai loro comandi, si era ritirato in sé stesso, come se avesse scelto di non reagire, ma le Maschere nere non avevano mai smesso di cercare la causa del suo rifiuto. Anni e anni erano passati, eppure nessuna delle loro torture, dei loro tentativi, aveva avuto il risultato che speravano. La loro ossessione per il futuro non era mai stata soddisfatta, eppure non avevano mai smesso di cercare, di scavare nei meandri più oscuri delle loro forze per trovare una soluzione. Poi, come se fosse stato un ricordo dimenticato, una verità sepolta da tempo, si erano ricordati di quella notte, quella sera in cui avevano finalmente catturato Dave.

Era stato un momento di grande potere, ma anche di grande disperazione. Dave non aveva fatto altro che urlare un nome, ripetendolo come un mantra, come se in quel nome risiedesse la sua unica speranza. Terry. Un nome che ora le Maschere conoscevano troppo bene, un nome che non poteva più essere ignorato. In quella memoria, si nascondeva la chiave del loro piano. Terry era diventata l’elemento cruciale, il nuovo obiettivo.

Le Maschere avevano deciso di riportare Dave a Sunburn, nella speranza che, attirando Terry, il potere di Dave si sarebbe risvegliato. Credevano che, unendo i due, sarebbe stato possibile liberare la forza che tanto bramavano. Pensavano che la sua capacità di vedere il futuro sarebbe tornata, ma non avevano considerato il legame che univa Dave a Terry. Non comprendevano appieno la profondità di quella connessione, quel filo invisibile che li legava, che trascendeva qualsiasi potere o abilità che potessero manipolare.

Le Maschere, però, non sapevano cosa stavano cercando di scatenare. Ignoravano la forza del legame che li univa. Se solo avessero saputo cosa Dave e Terry erano in grado di fare insieme, se solo avessero avuto la minima idea di quanto potere scorreva nelle loro vene, avrebbero forse esitato. Ma non lo sapevano, e non lo avrebbero scoperto fino a quando non sarebbe stato troppo tardi.

Le stelle ti cadranno addosso

Il giorno seguente, Josh, Karen e Tim si ritrovarono all’alba, pronti per una passeggiata nei boschi. Il sole era ancora timido, filtrando attraverso le fronde degli alberi, ma l’aria già fresca del mattino prometteva un’uscita perfetta. Josh aveva scoperto un nuovo sentiero, nascosto tra gli alberi più fitti, che sembrava sfuggire a chiunque non conoscesse bene la zona. Fino a poco tempo prima, quel percorso era stato sconosciuto, ma ora, con entusiasmo e una punta di mistero, Josh lo aveva portato alla luce.

Terry avrebbe dovuto unirsi a loro, ma qualcosa non andava. Aveva passato una notte agitata, senza riuscire a riposare, i pensieri si erano sovrapposti in un incubo che l’aveva tenuta sveglia, e il corpo le urlava di fermarsi. Così, con una voce affaticata, aveva spiegato a Tim che li avrebbe raggiunti più tardi, nel pomeriggio, quando si sarebbe sentita meglio. Con un lieve sorriso, Tim aveva annuito, capendo il suo malessere, e i tre amici si erano avviati nel bosco, gli zaini sulle spalle, pronti ad esplorare il nuovo percorso.

Josh, come sempre, si trovava in prima posizione. Camminava con passo deciso, il volto illuminato dalla solita espressione di chi sa dove sta andando e non ha paura di affrontare l’ignoto. “Seguitemi!” gridò con quella fiducia che lo contraddistingueva, il suo sorriso largo, contagioso, che sembrava irradiare energia. Il gruppo si fece strada attraverso i tronchi degli alberi, i rami che frusciavano sopra le loro teste e il terreno che, poco a poco, si faceva più umido e fangoso. L’aria era densa di profumi di terra bagnata e foglie spezzate. I suoni del bosco, dal canto degli uccelli al fruscio degli animali tra i cespugli, creavano una colonna sonora che rendeva l’esperienza ancora più intensa.

Dopo meno di un’ora di cammino, qualcosa cambiò. La foresta sembrava più silenziosa, come se il tempo stesso avesse rallentato il suo corso. E poi lo videro. Qualcosa, o qualcuno, disteso a terra, semi nascosto tra le ombre degli alberi. L’essere si contorceva, la pelle che tremava sotto l’effetto di un dolore invisibile. Karen, istintivamente, si fermò, il viso teso in una smorfia di paura. “Che cos’è?” sussurrò, il terrore nelle parole. Tim, con calma, le posò una mano sulla spalla, cercando di rassicurarla, ma il suo respiro era pesante. Si avvicinarono lentamente.

Quando si trovarono abbastanza vicini, il misterioso essere divenne chiaro agli occhi di tutti. Era un angelo. Le sue ali erano incredibilmente belle, fatte di piume morbide che, una ad una, stavano venendo strappate via da una sostanza nera che lo avvolgeva come un incubo vivente. Le piume, una volta candide, erano ora annerite e desolate, scivolando via dall’angelo come se la vita stessa stesse lentamente abbandonandolo. Lo spettacolo era così innaturale che il gruppo non poté fare a meno di fermarsi, sbalordito. Non riuscivano a credere a quello che stava accadendo davanti ai loro occhi. La creatura, un tempo così maestosa e pura, ora sembrava essere ridotta a un involucro morente, incapace di difendersi.

Josh si chinò con cautela, mentre le parole cercavano di emergere dalla sua bocca. “Chi sei? Cosa ti sta succedendo?” ma l’angelo non riusciva nemmeno a muoversi, le sue labbra tremanti sforzandosi di emettere qualche suono. Con uno sforzo immane, alzò lo sguardo verso di loro, i suoi occhi pieni di un dolore incommensurabile. “Trovatelo…” riuscì a dire, una voce flebile, quasi un sussurro, prima che l’oscurità lo inghiottisse completamente. La sostanza nera che lo ricopriva, come un veleno, lo avvolse in un abbraccio mortale, cancellando ogni traccia dell’angelo. Non rimase nulla se non il buio e il silenzio, pesante come una coltre che non permetteva respiro.

Terry, nel frattempo, si era svegliata di soprassalto. Non era un vero e proprio risveglio, ma piuttosto un’emersione rapida e violenta dalla nebbia del sonno. Le palpebre si erano spalancate, il cuore le martellava nel petto. Aveva chiuso gli occhi per pochi minuti, ma l’incubo era stato così vivido, così potente, che il suo corpo aveva reagito come se fosse stato reale. Il terrore la stringeva, la mente che correva alla ricerca di un significato, di un senso. “No… no, non può essere…” pensava, l’angoscia che le attanagliava la gola.

Qualcosa stava accadendo. Qualcosa di terribile, di ineluttabile. Lo sentiva dentro, in ogni fibra del suo essere. La sua mente correva a mille, cercando una via d’uscita, una soluzione, ma niente sembrava fare senso. Doveva agire. Doveva fermare quello che stava per accadere. Sapeva che il tempo stava per scadere, e l’unica cosa che riusciva a pensare era che doveva essere veloce. Doveva fare qualcosa per impedirlo, prima che fosse troppo tardi.

Ma il mondo è un po’ più in là

E me ne sto seduto qua,
sulle nuvole di fumo, che piano piano sembra stiano
evaporando, finendo ancora più in alto
per poi scomparire per sempre.
Sono straziato dal dolore,
ma felice di quello che ho vissuto.
Mi brillano gli occhi quando vedo dall’alto persone che
per me hanno significato qualcosa,
perchè da qua è tutto più semplice. Da quassù non devi
vedere lo specchio dei loro occhi.
Sono malinconico.
Ogni tanto penso a tutto quello che ho fatto e che avrei
potuto fare ancora,
ma mi sono distrutto con quelle maledette siringhe di
ipocrita felicità,
che mi hanno consumato e hanno prosciugato pian
piano tutta l’arte che c’era in me.
Quanti rimorsi,
quanti rimpianti!
A volte mi capita di voler tornare indietro, riprendere le
catene della mia sfuggente vita,
e continuare a volare.
Ma non ci riesco.
Io ci provo a saltare… ma il mondo è un po’ più in là.

Terry aveva appena finito di leggere le poche righe che Isaac, uno dei suoi artisti preferiti, aveva scritto. Le parole si imponevano nella sua mente come un eco distante ma chiaro, come se avessero il potere di risvegliare qualcosa che dormiva dentro di lei. Per Terry, quelle frasi rappresentavano l’essenza della sua esistenza. Ogni parola era un riflesso di ciò che aveva vissuto, di come si era sempre sentita incompleta, di come ogni angolo della sua vita fosse stato segnato da un’assenza. Quella parte mancante, così fondamentale, che nessuna distanza, nessuna illusione avrebbe mai potuto colmare. Suo fratello.

Il pensiero di Dave le solleticava continuamente la mente, pungente come una spina. E il rimorso. Quello stesso rimorso che le aveva accompagnato in ogni istante della sua vita adulta, portando con sé una serie infinita di “e se”. Cosa sarebbe successo se lui fosse stato ancora al suo fianco? Come sarebbe stato il mondo con lui a condividere ogni momento, con la sua presenza sempre rassicurante, sempre forte, sempre vicino?

Ma questo non lo avrebbe mai saputo. Non c’era modo di tornare indietro, di rimediare a quello che era andato perso. La vita aveva preso un’altra strada per lei, eppure qualcosa dentro di Terry non si era mai arreso. Un fuoco che bruciava silenzioso, una determinazione che cresceva giorno dopo giorno, sempre più forte. Era convinta, senza ombra di dubbio, che Dave fosse ancora vivo. Troppi segni, troppi cambiamenti, troppo mistero circondava il suo mondo. Ogni sogno inquietante, ogni sensazione che non riusciva a decifrare, le parlava di lui, del suo ritorno, di un destino che non si era ancora compiuto. Sunburn stessa, la città che sembrava essere sempre stata il riflesso di se stessa, ora era diversa. C’era qualcosa nell’aria, nel modo in cui le cose si muovevano, nel silenzio che si faceva improvvisamente più denso. Terry lo sentiva, come un brivido lungo la schiena, come un sussurro tra le pieghe della sua mente.

Non aveva nemmeno il tempo di sistemarsi, di vestirsi, quando la porta della sua casa venne sbattuta. I suoi amici erano arrivati, visibilmente sconvolti, pallidi, con gli occhi carichi di paura. Non avevano bisogno di dire nulla: il loro stato d’animo era così evidente che non c’era bisogno di spiegazioni. Ma Tim, il più calmo tra loro, si fece avanti. Con voce misurata, ma carica di apprensione, iniziò a raccontarle ciò che avevano visto. Le parole che seguirono erano come un’ombra che si stendeva sul loro piccolo mondo. Gli amici le raccontarono dell’angelo che avevano trovato nel bosco, di come fosse stato avvolto dalla sostanza nera, della sua sofferenza e della sua morte tra le loro braccia. E, soprattutto, della sua ultima parola.

“Trovatelo.”

Terry non sembrava sorpresa, nemmeno scossa. In qualche modo, sentiva che tutto questo fosse inevitabile. Come se le fosse stato detto da sempre, come se le risposte si trovassero nel fondo di una verità che lei stessa aveva iniziato a capire troppo tardi. Non c’era sconvolgimento nei suoi occhi, ma solo una calma determinazione. L’unica cosa che riuscì a dire, con una voce che non lasciava spazio a dubbi, fu: “Lo sapevo.” Poi, senza aggiungere altro, si voltò e corse fuori, i piedi che battevano velocemente sull’asfalto, mentre la sua mente correva ancor più velocemente. Ogni passo, ogni respiro, le sembravano essere diretti verso una destinazione che ormai sentiva di dover raggiungere.

In effetti, Terry aveva già capito tutto. Ricordi lontani, frammenti di un passato che non aveva mai del tutto elaborato, ora affioravano alla sua mente con una chiarezza agghiacciante. Anni prima, insieme a Dave, aveva visto molte cose. Tra quelle, il ricordo più vivido era una battaglia tra Angeli e Maschere nere, un conflitto che si era svolto nell’oscurità di un mondo che nemmeno lei riusciva a comprendere appieno. Avevano osservato tutto attraverso le gocce di pioggia, come se il cielo stesso fosse un mezzo per scrutare nel passato. Ma all’epoca erano solo bambini. Non avevano capito veramente cosa stesse accadendo. Per loro, era tutto un gioco, una fantasia che li avvolgeva senza spiegazioni, senza consapevolezza. E ora, in quel preciso istante, quella “storia” che sembrava un’invenzione infantile, si stava manifestando in tutta la sua crudezza. Le Maschere nere non erano solo una leggenda. Erano reali, e ora sapevano che qualcuno aveva il potere di fermare la pioggia, di fermare il tempo.

Era quel potere che stavano cercando di conquistare. E Terry sapeva che era solo una questione di tempo prima che cercassero di afferrarlo di nuovo, di usare Dave per i loro scopi. Ma stavolta non l’avrebbero fatto senza lottare. Lei non lo avrebbe permesso.


“Terry, aspettaci!” gridarono i suoi amici all’unisono, ma la sua mente era ormai distante, il suo corpo inarrestabile. Non li ascoltò, non riusciva a sentire altro che il battito frenetico del suo cuore, il respiro che le sfuggiva mentre correva, più veloce, più disperata. Il tempo era diventato nemico. Non c’era più tempo per fermarsi, non c’era più spazio per la paura. Doveva trovarlo. Doveva raggiungerlo.

Il paesaggio intorno a lei cambiava rapidamente, come se il mondo stesso cercasse di ostacolarla. I suoi passi risuonavano nell’aria gelida, ma la strada sembrava non finire mai. Poi, senza preavviso, la luce sembrò svanire. Si ritrovò in una zona che non riusciva a comprendere. Un labirinto di ombre e silenzi la circondava, tutto confuso e indistinto. Il suo corpo si muoveva come se fosse guidato da una forza che non riusciva a controllare. L’aria era densa, come se ogni respiro fosse un peso, ogni passo un peso maggiore.

In lontananza, tra le ombre, vide una figura. Si stagliava contro il buio, ma non riusciva a distinguerla con chiarezza. Poi, poco a poco, quella figura si fece più nitida. Era lui. Dave. Piccolo, fragile, piegato dalla sofferenza. Piangeva. Il cuore di Terry si fermò un istante. La visione di lui, dopo tanto tempo, la scosse più di quanto avesse mai immaginato. Le lacrime le bruciarono gli occhi, ma la sua corsa non si arrestò. Si fece strada tra il buio, il suo corpo che tremava, le gambe che sembravano ormai incapaci di sostenerla. Ma non poteva fermarsi. Non ancora.

Si avvicinò sempre di più, con ogni fibra del suo essere concentrata su quella figura lontana. Dave era lì, ma non c’era un sorriso sul suo volto. Non c’era la felicità che Terry si era immaginata per anni, quella che aveva sperato di trovare alla fine di questo lungo viaggio. No, la sua espressione era dura, severa. I suoi occhi, solitamente pieni di amore e fiducia, erano ora segnati dalla rabbia e dalla delusione. Terry si fermò, il respiro spezzato. Si sentiva piccola, impotente, di fronte a quell’uomo che era stato suo fratello.

“Dave… finalmente ti ho trovato…” sussurrò, la voce che tremava, il singhiozzo che le strozzava la gola. Le lacrime le rigavano il viso, ma non riusciva a smettere di parlare. La sua mente voleva urlare, ma le parole sembravano confondersi in un caos irrazionale.

Dave alzò lo sguardo, i suoi occhi pieni di rancore. “Sì… finalmente…” disse, la sua voce così diversa, distante, quasi irriconoscibile. “Mi hai abbandonato, Terry. Proprio quando avevo più bisogno di te, tu mi hai abbandonato. Hai permesso che mi facessero del male… Mi hai lasciato solo. Ti odio, Terry. Ti odio per quello che mi hai fatto. Non voglio più vederti. Vattene. Ti odioooooooo!!!”

Le parole colpirono Terry come una frustata. Ogni sillaba era una lama affilata che le trafiggeva il cuore. La sua mente non riusciva a comprendere, a razionalizzare. Le sue mani tremavano, il corpo che vacillava sotto il peso di quel rifiuto. Non riusciva a rispondere, non riusciva a dire nulla. Le parole che avevano accompagnato la sua vita, il dolore che si portava dentro, tutto sembrava svanire in un silenzio insopportabile.

Un singhiozzo spezzò il suo respiro. Un altro. Poi, senza più forze, Terry crollò a terra. Il mondo le sfuggì di mano. La tensione che le aveva corroso l’anima l’aveva sopraffatta. Il buio la inghiottì. E, in quello spazio vuoto, tra le ombre di una realtà che sembrava ormai lontana, Terry svenne. 

Nascondersi,
e poi sparire
nei pezzi di
cristallo,
puzzle di ferite.
Riaffiorare,
e respirare
bolle d’argento
che portano
in superficie.
Smarrirsi
senza il
filo d’Arianna
spezzato
dalle forbici
di meduse.
Spine di rami
intrecciate ai
coralli immobili.
La natura cammina
e l’ossigeno scomprare.
Apnea.
Vuoto.

Quando Terry riaprì gli occhi, si trovò circondata da tutti i suoi amici. I volti preoccupati di Tim, Josh e Karen si stagliavano intorno a lei, mentre l’aria sembrava ancora vibrare di un’energia inquietante. Le palpebre le pesavano come piombo, ma riuscì finalmente a sollevarle, trovandosi immersa in uno spazio che sembrava irreale, come se il tempo stesso avesse perso ogni significato.

“Che ti è successo?” chiese Tim, la voce tesa, carica di preoccupazione.

Terry lo guardò, il cuore ancora pesante, il respiro ancora affannato. Non sapeva come spiegare ciò che aveva visto, ciò che ancora le bruciava dentro. “Lo vuoi proprio sapere?” rispose con un filo di voce, gli occhi che si riempivano di lacrime. “Ho visto Dave… era qui, vicino a me. Ha detto che mi odia, che non mi vuole più vedere. Pensa che l’abbia abbandonato, che non ci sia stata per lui quando ne aveva bisogno… Ma tu lo sai, Tim! Sai quanto ho sofferto per la sua scomparsa, per la sua assenza. Eppure… non sembrava nemmeno lui. Non era lui…”

Tim la fissò con una sofferenza silenziosa, ma cercò di mantenere la calma, di placare il tumulto che si leggeva negli occhi di Terry. “Terry, guarda che qui non c’era nessuno. Quando siamo arrivati, ti abbiamo trovata in piedi, parlavi da sola. Te lo sarai immaginato, lo sai che sei troppo nervosa in questo momento, hai vissuto troppo dolore. Sei esausta…”

Le parole di Tim risuonarono come un eco distante nella mente di Terry, ma qualcosa dentro di lei, un istinto primordiale, le fece capire che non si trattava di un sogno, né di un’illusione passeggera. All’improvviso, il velo che offuscava la sua mente si sollevò. Una certezza, tanto dolorosa quanto schiacciante, la colpì come un lampo. Era stata una visione, sì, ma non una fantasia… Le Maschere nere erano tornate. Avevano rapito Dave per il suo potere.

Il mondo intorno a lei, ora, sembrava chiarirsi in tutta la sua crudezza. Il tormento di quell’apparizione non era stato un caso, ma un avvertimento. Loro erano ancora lì, nascosti nell’ombra, pronti a usarlo di nuovo. Quella visione, quelle parole di Dave, non erano altro che il segno tangibile della loro presenza. Il suo cuore iniziò a battere forte, ma con una determinazione mai provata prima. Doveva trovarlo. A tutti i costi. Il prima possibile.

“Ragazzi,” disse infine, la voce ferma, nonostante le lacrime che le bruciavano gli occhi. “Vi prego, lasciatemi andare da sola. Questa è una questione che riguarda solo me e loro. Non posso permettere che facciano del male anche a voi. So cosa significa soffrire, quanto dolore può fare… e non voglio che vi succeda nulla. Anche tu, Tim…” Si avvicinò a lui, le mani tremanti ma ferme, e gli prese il viso tra le mani, guardandolo negli occhi con un’intensità che tradiva la gravità della situazione. “Vai. Vai e abbi fiducia in me. Vai e aspettaci. Per favore.”

Con un movimento lento e pieno di significato, Terry baciò Tim. Un bacio che racchiudeva tutta la disperazione di un addio possibile, ma anche la speranza di una vittoria che non sarebbe mai arrivata senza sacrifici. Fu un bacio che, in quel momento, sentì come definitivo, come se le parole non dette si fossero compresse in quel singolo, silenzioso gesto. Forse sarebbe stato l’ultimo.

Nel frattempo, al di sopra di loro, il cielo stava cambiando. Il vento soffiava con una forza che sembrava preannunciare qualcosa di grande, qualcosa di inevitabile. Il cielo si tingeva di grigio, le nuvole si addensavano, come se anche la natura stessa stesse preparando il terreno per l’ultima, fatale battaglia. Poi, improvvisamente, la pioggia iniziò a scendere, dapprima a gocce, poi con una forza sempre maggiore, quasi come un presagio di ciò che stava per accadere.

Il tempo che restava era ormai contato.

Starlight

Sunburn era una cittadina piccola, nascosta tra le montagne, un angolo di mondo che sembrava non aver mai conosciuto il respiro frenetico della modernità. Con poche centinaia di abitanti, era il tipo di posto che sembrava sospeso nel tempo, protetto dalla frenesia del resto del mondo. Un fiume serpentineggiava attraverso il paese, le sue acque fresche e cristalline che scivolavano tra le rocce, ma la vera leggenda riguardava ciò che si diceva di quelle acque: si credeva che fossero magiche. La tradizione parlava di poteri nascosti, di miracoli che potevano scaturire da quel fiume, ma, in tutta sincerità, nulla che fosse veramente fuori dal comune era mai accaduto per confermare queste voci. Eppure, c’erano quelli che ci credevano, che ogni giorno si recavano al fiume con la speranza di un miracolo. C’era chi raccoglieva l’acqua con una speranza quasi disperata, chi la beveva o la portava a casa come se contenesse qualche sorta di segreto che il mondo non riusciva a comprendere.

Dall’altra parte, c’erano anche gli scettici, coloro che ridevano delle superstizioni, pronti a smontare ogni teoria con un sorriso cinico. Eppure, in quella piccola cittadina, nel cuore di una natura selvaggia e maestosa, qualcosa stava accadendo… qualcosa che nessuno aveva previsto.

Terry lo sapeva, ed era stata proprio lei a scoprirlo. Le gocce di pioggia, quelle che sembravano tanto ordinarie agli occhi di molti, avevano iniziato a mostrarle il passato, come se il fiume avesse realmente una sorta di connessione con il destino. Era accaduto all’improvviso, come una rivelazione, come un battito di ali che aveva scosso la quiete del suo cuore. Ricordava bene quel giorno, quando, ancora piccola, era stata battezzata vicino al fiume con suo fratello Dave. Il cielo si era tinto di una luce insolita, una luce che aveva brillato per pochi istanti, prima che le sue mani e quelle di Dave si sfiorassero, in un gesto semplice ma carico di significato. Forse in quel momento, pensava Terry, aveva acquisito quel potere che la rendeva unica. Forse il fiume era davvero magico, come molti dicevano.

Poi, in un’altra goccia di pioggia, il suo cuore aveva accelerato. La visione che ne era scaturita l’aveva fatta tremare. Vedeva Dave, inseguito dalle Maschere nere. La paura di perdere ancora una volta suo fratello la travolse. Lui era lì, vicino a lei, forse più vicino di quanto pensasse. Le Maschere nere lo avevano rapito, ma Dave era riuscito a liberarsi… o almeno, questo sembrava. La vicinanza di Dave le conferiva quel potere, la capacità di vedere attraverso le gocce di pioggia, ma mai prima d’ora lo aveva avvertito così forte. Decise che doveva trovarlo, doveva correre da lui, riabbracciarlo.

Ma quando Terry giunse al fiume, si accorse che non c’era solo lui ad aspettarla. Le Maschere nere erano lì, pronte a catturare entrambi, per assorbire il potere che giaceva in loro. E così, in un attimo, il destino cambiò direzione. Terry e Dave si ritrovarono catapultati nel passato, nel cuore di una battaglia che aveva segnato il destino di tutti. La grande guerra tra Angeli e Maschere nere. Le Maschere, infide e spietate, li avevano riportati indietro nel tempo per costringerli a usare il loro potere contro gli Angeli.

La pioggia non cessava di cadere. Anzi, sembrava intensificarsi, come se volesse accompagnare la lotta che stava per iniziare.

“Cosa dobbiamo fare, Dave? Ho paura!” le parole di Terry erano tremanti, ma il suo sguardo cercava conforto nel volto del fratello.

Dave le sorrise, un sorriso che aveva il potere di rassicurarla, nonostante il buio che li circondava. “C’è solo un motivo per cui ci siamo ritrovati, Terry. Dobbiamo fermarli, dobbiamo sconfiggere le streghe una volta per tutte. Per tutto il male che mi hanno fatto, per tutto il male che ti hanno fatto, privandoti della mia presenza. Ora, siamo insieme, e siamo forti. La pioggia ci aiuterà, come ha sempre fatto.”

Con un gesto deciso, Dave prese la mano di Terry. La sensazione che ne scaturì fu intensa, come se l’universo stesso rispondesse alla loro connessione. Una luce improvvisa, accecante, li avvolse, e per un attimo tutto si fermò. L’immensità del loro potere, unito dalla forza del legame che li univa, era visibile in ogni goccia di pioggia che cadeva dal cielo.

Davanti a loro, l’eterno conflitto tra bene e male si svelava nella sua forma più cruda. Gli Angeli e le Maschere nere si fronteggiavano, come in un ricordo che sembrava sempre uguale, eppure, in quella nuova realtà, Terry e Dave sapevano che l’esito di quella battaglia sarebbe stato diverso.

La luce attorno a loro si intensificò ancora, e nel silenzio che seguì, tutto si fermò, come se il mondo stesso trattenesse il fiato. Gli occhi di Terry e Dave si chiusero, unendo il loro potere, e la pioggia, sempre più impetuosa, diventò la colonna sonora di una lotta che non avrebbe mai avuto più fine. Era giunto il momento, il momento in cui il destino avrebbe deciso chi avrebbe prevalso.

Soldati d’autunno

Anelli di foglie,
catene di piume.
Spara.
Pioggia delicata
si posa
sul corpo esausto.

Dave e Terry giacevano sul prato, avvolti dalla tranquillità che solo un momento di pace dopo il caos più assoluto poteva portare. I loro corpi erano distesi sull’erba umida, l’aria fresca della mattina che sfiorava dolcemente la loro pelle, mentre un silenzio profondo sembrava avvolgere il mondo attorno a loro. Le cicatrici invisibili, quelle lasciate dal tempo e dalla battaglia, sembravano dissolversi nell’abbraccio del paesaggio che li circondava. La luce del mattino, ancora timida, accarezzava il loro volto, come a ricordare che tutto stava per ricominciare.

Fu il suono di passi frettolosi a interrompere la quiete. Tim, Karen e Josh arrivarono di corsa, occhi spalancati, increduli davanti alla scena che si parava davanti a loro. Il loro respiro affannoso, il battito accelerato nei petti, rivelavano la sorpresa di chi non sa cosa aspettarsi.

“Ma… cos’è successo? E lui chi è?” chiese Josh, lanciando uno sguardo curioso, ma anche pieno di confusione, verso Dave, il cui volto ora sembrava più sereno, quasi sollevato. I suoi occhi, sebbene stanchi, riflettevano una pace che, fino a poco prima, sembrava irraggiungibile.

Terry si sollevò lentamente, gli occhi ancora pieni di una dolcezza malinconica, come se il mondo fosse tornato a essere un posto più sicuro. Si voltò verso i suoi amici, il cuore colmo di gratitudine e di una tristezza che non riusciva a nascondere.

“Non so cosa sia successo di preciso,” disse, la sua voce tremante, ma ferma, “So solo che le Maschere nere sono state sconfitte… anche nel loro mondo… una volta per tutte. E tutto questo, tutto questo è successo grazie a lui.” Fece un cenno verso Dave, il fratello che, dopo tanto tempo, sembrava finalmente tornato a casa. “Tutto grazie a Dave, mio fratello.”

Le parole di Terry sembravano avvolgere l’aria, e per un istante tutto il gruppo rimase in silenzio, fissando Dave. Lo scrutarono attentamente, come se cercassero tracce di qualcosa di più di una semplice persona, come se cercassero la prova che davvero quel momento, quel miracolo, fosse reale. Gli occhi si riempirono di lacrime, ma non erano lacrime di dolore. Erano lacrime di gioia, di sollievo. Lì, sul prato, sotto il cielo che finalmente sembrava non più minaccioso, ma luminoso, i loro cuori battevano all’unisono. L’incredulità si trasformava in una felicità pura, liberatoria.

Dave, con un sorriso che non aveva mai smesso di brillare, ma che ora aveva il peso di un’anima finalmente in pace, si sedette con fatica ma determinazione. Guardò i suoi amici, i volti che non aveva mai dimenticato, che ora erano davanti a lui come una visione di casa, come un rifugio che gli aveva dato la forza di tornare.

“Finalmente sono a casa…” la sua voce era bassa, ma ricca di significato. “Mi è mancato tutto questo, più di quanto possiate immaginare. Ma ora sono tornato… e non intendo andarmene. Mai più. Starò con voi per sempre…”

Si fermò un attimo, come se volesse imprimere quelle parole nel cuore di ognuno di loro, come se volesse fissarle nel tempo, affinchè nulla potesse mai più separarli. La pioggia, che per tanto tempo aveva scandito il ritmo della sua esistenza, sembrava ora un ricordo lontano.

“…e se avremo ancora bisogno,” continuò, il suo sorriso si fece più ampio, “la pioggia si fermerà per noi.”

Le sue parole, semplici ma potenti, risuonarono nell’aria, mentre la luce del mattino si faceva sempre più intensa. Non c’erano più ombre, né paure. Solo una nuova speranza, una nuova promessa. E sotto quel cielo che sembrava finalmente sereno, il gruppo di amici si abbracciò, come se avessero vinto non solo la battaglia contro le Maschere nere, ma anche contro tutte le difficoltà che avevano affrontato. La pioggia, quella che tanto avevano temuto, non era più una minaccia. Ora, era una benedizione, un segno di rinascita.

Il futuro, finalmente, apparteneva a loro.


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