Uragani e Farfalle

Storie brevi e fotografie


L’ultimo papavero

Ogni sera, quando il sole cominciava a piegarsi all’orizzonte, il campo di papaveri si accendeva come un mare in fiamme. Il vento leggero muoveva i petali con dolcezza, come se sussurrasse segreti tra i fiori.

Lina tornava lì ogni fine maggio, sempre lo stesso giorno, sempre alla stessa ora. Portava con sé un piccolo quaderno consumato e una matita. Si sedeva tra i papaveri, lontano dalla strada e dai tralicci che tagliavano il cielo come cicatrici d’acciaio, e restava in silenzio. Il campo era l’ultimo posto dove lo aveva visto, prima che la guerra lo portasse via.

Alessio le aveva promesso che sarebbe tornato. “Ci ritroveremo qui, tra questi fiori rossi. Quando vedrai il sole scendere proprio lì, oltre le spine del mondo, saprai che sono tornato.”

Non tornò mai.

Lina continuava ad aspettarlo, anno dopo anno, anche quando il tempo le aveva piegato le spalle e imbiancato i capelli. Scriveva una riga ogni volta, parole semplici, sempre le stesse: “Oggi il campo è fiorito. E io sono qui.”

Quel giorno, il tramonto fu diverso. Più caldo, più profondo. Il cielo sembrava cantare e i papaveri danzavano con un’armonia mai vista prima. Lina chiuse gli occhi, e per un istante udì passi leggeri tra l’erba, e la sua voce.

“Ti stavo aspettando anch’io.”

Quando il sole scomparve, il campo restò in silenzio. Solo un papavero sembrava più alto degli altri, dritto come un saluto. E il quaderno, lì accanto, aperto sull’ultima pagina, diceva:
“Ora siamo entrambi a casa.”


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