Il mare quella mattina sembrava trattenere il respiro. Le onde si muovevano appena, come se temessero di disturbare la lunga fila di pali che avanzava nell’acqua, decisa e silenziosa, verso un punto che nessuno poteva vedere.
Si diceva che un tempo fossero parte di un molo, l’ingresso a un piccolo porto ormai dimenticato. Ma c’era chi giurava che fossero qualcosa di diverso: un sentiero. Non un sentiero qualunque, però. Un passaggio per chi aveva bisogno di lasciare a riva un pensiero troppo pesante.
Secondo la storia, bastava camminare fino all’ultimo palo—quello che si intravedeva appena, quasi inghiottito dal mare—per sussurrare un ricordo, una paura o un desiderio che non si aveva il coraggio di dire ad alta voce. Il mare, in cambio, lo avrebbe custodito per sempre.
Quella mattina, mentre il cielo iniziava a schiarire, qualcuno era venuto fino lì. Aveva percorso la spiaggia deserta, lasciando impronte che l’acqua non avrebbe raggiunto per ore. Si fermò davanti alla fila di tronchi, inspirò lentamente, e iniziò a camminare.
Ogni passo era un battito in più. Ogni scricchiolio del legno un ricordo che riaffiorava.
Quando arrivò in fondo, il mare era diventato una distesa immobile. La persona chiuse gli occhi, lasciò andare le parole che pesavano da tempo… e poi rimase a respirare, senza fretta.
Non accadde nulla di straordinario. Il mare non cambiò colore, nessuna onda si alzò.
Eppure, tornando indietro, la camminata fu più leggera.
Come se il mare avesse davvero ascoltato.


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